mercoledì 24 agosto 2011

I want to tell you a story



.. about a little man, if a i can..

Questo piccolo uomo, come in un romanzo di Verga, si è sentito forte abbastanza per sfidare il mondo, per abbandonare l'ostrica.

Ironically

il mondo si è scatenato contro di lui, sfasciando sistematicamente quello che aveva costruito fino a quel punto

Fine

Let's find the point:

la stessa storia può impartire lezioni diverse, a seconda di quello che ci si vuol leggere. Ad esempio:

-mai, e dico mai, abbandonare l'ostrica. Non sognare. Vivi nella paura.

-non costruirti un'ostrica, non ti servirà. Vivi il presente.

-la prossima ostrica sarà migliore. Si chiude una porta e si apre un portone.

Nessuna di queste, però, è la mia conclusione.

Questa storia, che potrebbe essere uno straordinario romanzo secondo me (adoro le opere stringate..), insegna che il percorso di costruzione di se stessi è estremamente complesso.
Il suo metro di misura? Il silenzio.
E' drammaticamente osceno che molta gente si abbandoni al proprio destino.
Purtroppo è totalmente perdente anche il tentativo di combatterlo.
Nel mio piccolo sto provando ad accettare egoismi, razzismi, violenza e quant'altro. Spero di poterli gestire successivamente.

Torniamo al protagonista, ben caratterizzato, della nostra storia. Cosa avrebbe dovuto fare?
Accettare una verità molto scomoda su se stesso. Le correnti che lo hanno portato fuori dall'ostrica sono partite dall'interno, non l'hanno semplicemente attirato.
Nel silenzio avrebbe potuto ascoltare la sua ambizione, poi avrebbe dovuto chiedersi da dove nasceva questa spinta centrifuga.
Sto parlando del sentirsi realizzati. Di quella sensazione che crediamo proveremo quando avremo trovato il nostro posto nel mondo. Sto straparlando.


Riflessioni postume: questa storia sarebbe un'ottima favola di Esopo. Mi basterebbe sostituire l'uomo che abbandona l'ostrica, con una sogliola. Magari una sogliola eroinomane (eroinosogliola) così da rendere la storia più accattivante per i bimbi di oggi e di domani.

lunedì 22 agosto 2011

Senso di colpa



Magari non sarò riconosciuto come uno psicologo di fama mondiale* ma vi impartirò ugualmente una fondamentale lezione di psicologia.

*(sebbene io debba precisare a questo proposito che una conoscenza della mente umana paragonabile alla mia, non si veda dai tempi di Caligola, il quale, come ricorderete, nominò senatore il proprio cavallo col fine di slatentizzare l'invidia del pene negli altri senatori)

Tema: Il senso di colpa.

Sviluppo: è incredibile come questo sentimento sia alla base della sofferenza di milioni di persone. I sensi di colpa ci tormentano di continuo, ci opprimono.
Bassa autostima? Insicurezza? Morboso attaccamento al care-giver durante i primi anni di vita? Perché il rimorso delle nostre azioni non ci dà tregua?
Spesso è come se sentissimo un enorme fardello gravare su di noi; come se ci fosse impossibile capire l'origine di questa ancestrale sofferenza. Perché provo cotanto rimorso, viene da chiedersi.

Ebbene:

la vera ragione che sottende al vostro senso di colpa è che siete colpevoli di qualcosa!


Persino banale quando una grande mente lo chiarifica.

venerdì 5 agosto 2011

Memories



Quella bestia era ancora lì. Come tutte le mattine. Ritta sulle sue zampe posteriori. Cerulea sotto il sole. Lo sguardo insolente, come per irriderci. Era simile ad un comune roditore, ma ben più grande. Diventava furiosa se qualcuno si avvicinava. Non riesco nemmeno a ricordare il giorno in cui si presentò per la prima volta. Ormai era lì da sempre. Ricordo che un giorno ci procurò delle ferite profonde, ci mancò poco perché ci uccidesse.


Così, come ogni giorno, ci lanciava la sua sfida. Sfida che avevamo a nostre spese imparato a non raccogliere. Dopo averle tentate tutte, la ignoravamo quasi: rassegnati.

Non che mi sarebbe dispiaciuto mandarla via, anzi sarebbe stato un grosso sollievo. Direi quasi che le nostre vite ne avrebbero giovato sensibilmente. Infatti, anche se non ricordavo più cosa si provasse a non vederla, sentivo che saremmo stati meglio. Ciò che si prova liberandosi di qualcosa è ben diverso dal vivere senza aver coscienza che quella cosa esista.

È vero anche che ormai la ignoravamo gran parte del tempo, ma era impossibile passare un’intera giornata senza considerarla. In qualsiasi momento infatti potevi ritrovartela davanti, con il colore del suo manto che ti restava impresso a lungo. Tutto quello che potevi fare era cambiare strada.

Si, avremmo voluto liberarcene. Ma come si fa?


19-05-2006

Golden Rule



Sottotitolo: la regolina magica del potere.

Sono quasi sicuro di poter risolvere qualsiasi problema con questa nuova geniale intuizione.

Il potere è una cosa deformante.

Andrebbe ottenuto relativamente presto per dare gratificazione e spinta.
La possibilità di raggiungere una meta genera sentimenti ed energie positive. Non si può vivere tendendo ad un obbiettivo troppo lontano.

Cosa ancora più importante però è che il potere andrebbe lasciato poco dopo averlo ottenuto. Non si dovrebbe passare la mano solo in punto di morte. E' importante che esista un meccanismo di limitazione dell'Ego, proprio perché, come da intestazione, il potere è deformante.
Sarai costretto a cedere il potere ed avrai ancora un pezzo di strada davanti: ti conviene fare lo stronzo?

Nessuno deve sentirsi intoccabile.
Tutti ciclicamente dovremmo dipendere da un altro.


Precisazioni: Metto le mani avanti. Uno potrebbe dire: non deve proprio esistere il potere! E' sbagliato che un uomo ne comandi un altro. Può solo esistere l'anarchia alla De Andrè; altrimenti il mondo resterà sempre quel che è.

Nice theory, in parte anche condivisibile ma eccessivamente romantica. Purtroppo pare che all'uomo sia necessario un ordine per generare ordine. Basta che questo non diventi, come spesso capita, un ordine tra gli individui, ma sia solo un ordine di ruoli.

Prima di incartarmi troppo direi che basta così, non devo altre spiegazioni ad un finto obiettore, generato da me stesso e che cita De Andrè per argomentare contro di me.

I'm very religious, you know?



Desidero ardentemente un mondo in cui ebrei, cristiani, musulmani, indù e gli altri possano vivere serenamente e felicemente in pace.


Desidero poi un altro mondo per noi persone evolute.

Grazie

Il mio discorso al mondo



Siamo a questo punto.

Al momento dei saluti, di dirsi addio.
Il treno che sbuffa.
Ho accumulato tanta sofferenza e l'ho messa in un angolo.

Siamo a quel punto.
Quello in cui ci si pente.

Mi dispiace sinceramente se il mondo è questo.
Mi dispiace sinceramente se io non riesco a farci niente.
Mi dispiace se per un attimo hai creduto in me, se ti ho illuso.
E' tutto molto peggiore di quanto sembri.

Io volevo fare di meglio. Sono rimasto impigliato nelle intenzioni.
Vorrei scomparire.