martedì 25 ottobre 2011

What more?



A volte uno si chiede, cosa succederà dopo la morte? Poi subito dopo pensa: cosa mangerò stasera?
Ieri sera, in ospedale, ho visto compirsi il miricalo. Sono rimasto a digiuno! Niente cena (tranquilli, ho trovato dei grissini quando tutto sembrava perso).

Senza cena mi sono ritrovato solo con il: cosa c'è dopo la morte?
Allora mi sono dato la seguente risposta: niente.

Non vorrei sembrare troppo discorsivo, ma la risposta è niente.
E' l'unica risposta che soddisfa la prova del nove, ovvero: cosa potrebbe esserci?
Qualsiasi altra risposta a questa domanda è ridicola.

Vi immaginate seriamente un poi? Cos'altro dovremmo dirci? Ancora?
Non avete idea di quanto io sia già al limite adesso. L'appiglio che mi tiene sano di mente è sapere che potrò staccare la spina e salutare quando sarò sovra-saturo.

Se ci fosse un poi avrei la possibilità di liberarmi di voi, eventualmente? Oppure neanche più questo? Costretto a godere della luce eterna e bla bla, magari reincontrando il mio parrucchiere che mi parlerà dei suoi incontri extra-coniugali combinati grazie a facebook.

In questo momento vedo la morte come un passaggio verso una fase più tranquilla della vita non come la fine. Come se uno si trasferisse in campagna.
Ma uno a un certo punto non sente il bisogno di compagnia? No, il bello dei defunti è che stanno in campagna senza rimpianti. Ecco fatto, tutto torna, la pace.

mercoledì 24 agosto 2011

I want to tell you a story



.. about a little man, if a i can..

Questo piccolo uomo, come in un romanzo di Verga, si è sentito forte abbastanza per sfidare il mondo, per abbandonare l'ostrica.

Ironically

il mondo si è scatenato contro di lui, sfasciando sistematicamente quello che aveva costruito fino a quel punto

Fine

Let's find the point:

la stessa storia può impartire lezioni diverse, a seconda di quello che ci si vuol leggere. Ad esempio:

-mai, e dico mai, abbandonare l'ostrica. Non sognare. Vivi nella paura.

-non costruirti un'ostrica, non ti servirà. Vivi il presente.

-la prossima ostrica sarà migliore. Si chiude una porta e si apre un portone.

Nessuna di queste, però, è la mia conclusione.

Questa storia, che potrebbe essere uno straordinario romanzo secondo me (adoro le opere stringate..), insegna che il percorso di costruzione di se stessi è estremamente complesso.
Il suo metro di misura? Il silenzio.
E' drammaticamente osceno che molta gente si abbandoni al proprio destino.
Purtroppo è totalmente perdente anche il tentativo di combatterlo.
Nel mio piccolo sto provando ad accettare egoismi, razzismi, violenza e quant'altro. Spero di poterli gestire successivamente.

Torniamo al protagonista, ben caratterizzato, della nostra storia. Cosa avrebbe dovuto fare?
Accettare una verità molto scomoda su se stesso. Le correnti che lo hanno portato fuori dall'ostrica sono partite dall'interno, non l'hanno semplicemente attirato.
Nel silenzio avrebbe potuto ascoltare la sua ambizione, poi avrebbe dovuto chiedersi da dove nasceva questa spinta centrifuga.
Sto parlando del sentirsi realizzati. Di quella sensazione che crediamo proveremo quando avremo trovato il nostro posto nel mondo. Sto straparlando.


Riflessioni postume: questa storia sarebbe un'ottima favola di Esopo. Mi basterebbe sostituire l'uomo che abbandona l'ostrica, con una sogliola. Magari una sogliola eroinomane (eroinosogliola) così da rendere la storia più accattivante per i bimbi di oggi e di domani.

lunedì 22 agosto 2011

Senso di colpa



Magari non sarò riconosciuto come uno psicologo di fama mondiale* ma vi impartirò ugualmente una fondamentale lezione di psicologia.

*(sebbene io debba precisare a questo proposito che una conoscenza della mente umana paragonabile alla mia, non si veda dai tempi di Caligola, il quale, come ricorderete, nominò senatore il proprio cavallo col fine di slatentizzare l'invidia del pene negli altri senatori)

Tema: Il senso di colpa.

Sviluppo: è incredibile come questo sentimento sia alla base della sofferenza di milioni di persone. I sensi di colpa ci tormentano di continuo, ci opprimono.
Bassa autostima? Insicurezza? Morboso attaccamento al care-giver durante i primi anni di vita? Perché il rimorso delle nostre azioni non ci dà tregua?
Spesso è come se sentissimo un enorme fardello gravare su di noi; come se ci fosse impossibile capire l'origine di questa ancestrale sofferenza. Perché provo cotanto rimorso, viene da chiedersi.

Ebbene:

la vera ragione che sottende al vostro senso di colpa è che siete colpevoli di qualcosa!


Persino banale quando una grande mente lo chiarifica.

venerdì 5 agosto 2011

Memories



Quella bestia era ancora lì. Come tutte le mattine. Ritta sulle sue zampe posteriori. Cerulea sotto il sole. Lo sguardo insolente, come per irriderci. Era simile ad un comune roditore, ma ben più grande. Diventava furiosa se qualcuno si avvicinava. Non riesco nemmeno a ricordare il giorno in cui si presentò per la prima volta. Ormai era lì da sempre. Ricordo che un giorno ci procurò delle ferite profonde, ci mancò poco perché ci uccidesse.


Così, come ogni giorno, ci lanciava la sua sfida. Sfida che avevamo a nostre spese imparato a non raccogliere. Dopo averle tentate tutte, la ignoravamo quasi: rassegnati.

Non che mi sarebbe dispiaciuto mandarla via, anzi sarebbe stato un grosso sollievo. Direi quasi che le nostre vite ne avrebbero giovato sensibilmente. Infatti, anche se non ricordavo più cosa si provasse a non vederla, sentivo che saremmo stati meglio. Ciò che si prova liberandosi di qualcosa è ben diverso dal vivere senza aver coscienza che quella cosa esista.

È vero anche che ormai la ignoravamo gran parte del tempo, ma era impossibile passare un’intera giornata senza considerarla. In qualsiasi momento infatti potevi ritrovartela davanti, con il colore del suo manto che ti restava impresso a lungo. Tutto quello che potevi fare era cambiare strada.

Si, avremmo voluto liberarcene. Ma come si fa?


19-05-2006

Golden Rule



Sottotitolo: la regolina magica del potere.

Sono quasi sicuro di poter risolvere qualsiasi problema con questa nuova geniale intuizione.

Il potere è una cosa deformante.

Andrebbe ottenuto relativamente presto per dare gratificazione e spinta.
La possibilità di raggiungere una meta genera sentimenti ed energie positive. Non si può vivere tendendo ad un obbiettivo troppo lontano.

Cosa ancora più importante però è che il potere andrebbe lasciato poco dopo averlo ottenuto. Non si dovrebbe passare la mano solo in punto di morte. E' importante che esista un meccanismo di limitazione dell'Ego, proprio perché, come da intestazione, il potere è deformante.
Sarai costretto a cedere il potere ed avrai ancora un pezzo di strada davanti: ti conviene fare lo stronzo?

Nessuno deve sentirsi intoccabile.
Tutti ciclicamente dovremmo dipendere da un altro.


Precisazioni: Metto le mani avanti. Uno potrebbe dire: non deve proprio esistere il potere! E' sbagliato che un uomo ne comandi un altro. Può solo esistere l'anarchia alla De Andrè; altrimenti il mondo resterà sempre quel che è.

Nice theory, in parte anche condivisibile ma eccessivamente romantica. Purtroppo pare che all'uomo sia necessario un ordine per generare ordine. Basta che questo non diventi, come spesso capita, un ordine tra gli individui, ma sia solo un ordine di ruoli.

Prima di incartarmi troppo direi che basta così, non devo altre spiegazioni ad un finto obiettore, generato da me stesso e che cita De Andrè per argomentare contro di me.

I'm very religious, you know?



Desidero ardentemente un mondo in cui ebrei, cristiani, musulmani, indù e gli altri possano vivere serenamente e felicemente in pace.


Desidero poi un altro mondo per noi persone evolute.

Grazie

Il mio discorso al mondo



Siamo a questo punto.

Al momento dei saluti, di dirsi addio.
Il treno che sbuffa.
Ho accumulato tanta sofferenza e l'ho messa in un angolo.

Siamo a quel punto.
Quello in cui ci si pente.

Mi dispiace sinceramente se il mondo è questo.
Mi dispiace sinceramente se io non riesco a farci niente.
Mi dispiace se per un attimo hai creduto in me, se ti ho illuso.
E' tutto molto peggiore di quanto sembri.

Io volevo fare di meglio. Sono rimasto impigliato nelle intenzioni.
Vorrei scomparire.

domenica 31 luglio 2011

Lettere



Mi
scrive Bregma da Brescia: "Ieri mio figlio Dalilo di 7 anni mi ha confessato di essere omosessuale. Sono sempre stato una persona di ampie vedute ma questa cosa non sono proprio riuscito a digerirla. Dove sbaglio?"

Caro Bregma, innanzitutto quando si parla di sentimenti nessuno sbaglia realmente.
Accettare Dalilo per quel che è credo sia, adesso come adesso, il passo più importante da compiere.
Quel che mi colpisce di più della storia che ci racconti è però la situazione di Dalilo.
Come può, infatti, un bambino chiamarsi Dalilo?
Non mi sorprende che se lo siano inchiappettato.
Sono sicuro che tu sia stato un padre giusto, ma ora è il momento di scelte importanti.
Lascia che tuo figlio frequenti una scuola media di soli maschi, mettiti con una badante ucraina e sii felice.

Cordialmente.

Eclipse

Questo blog si eclissa parzialmente

sabato 30 luglio 2011

Up-Tempo



Prendiamola alla lontana (ma la faccio breve).


Tesi: il tempo non esiste.


Dimostrazione: (istruzioni: capacità' di astrazione, please)


Da cosa è composto il tempo? Il tempo è composto dal nulla e questa sarebbe una dimostrazione già più che sufficiente.
Qualcuno potrebbe dire: e l'anima? anche un'anima è composta di nulla, no? appunto, state rafforzando la mia tesi..
Non esiste una qualcosa che costituisca il tempo, mentre esiste per tutte le altre grandezze fisiche. Weird.


Passo 1


- Sant'Agostino: effettivamente, dopo averci pensato su (potrei aggiungere " un bel po' di tempo" ma mi giocherebbe contro..) Sant'Agostino ha dovuto ammettere che il tempo così come lo concepiamo normalmente non esiste.
Dov'è il futuro, dov'è il passato? Se non c'è nessuno a ricordare il passato e nessuno ad aspettare il futuro esistono questi tempi? Rassegnatevi, no.

Esiste solo il presente, una fotografia.

Se non ci fosse l'uomo non ci sarebbe dunque il concetto di tempo?


Passo 2


-Kant: Il mio amico Emmanuel si è posto la questione ed ha elaborato una soluzione piuttosto acuta.
Il tempo è una forma pura a priori del senso interno.
Ovvero il tempo è semplicemente il susseguirsi dei moti del nostro spirito. Non è come lo spazio (forma pura a priori del senso esterno) parte del mondo che ci circonda, ma è l'essenza del nostro mondo interiore.

Tutti voi sarete andati ad una festa e, come capita sempre a me, vi sarete terribilmente annoiati. Il tempo della festa vi sarà sembrato infinito.
Al contrario pensate ai sabati sera trascorsi da soli a casa, ad ascoltare musica. Come volavano veloci quelle ora, eh?

Dunque il tempo non è oggettivo ma soggettivo.

La mosca, che vive una settimana, apprezza di più il singolo secondo rispetto all'elefante (che vive circa 10 giorni e poi viene ucciso dai cacciatori d'avorio).


Passo 3


-E' perverso pensare di dividere un unico grande gesto in tanti minuscoli frammenti.
D'altra parte la nostra intelligenza non è fatta per comprendere l'insieme; siamo costretti ad andare per gradi.
Gli atomi che ci compongono continuano ad esistere dopo la nostra morte; e sono tutti diversi da quelli che ci costituivano quando siamo nati.
Dov'è la morte in tutto questo? Dove il tempo?

Fin

domenica 3 luglio 2011

Esistenzialismo..







mercoledì 16 marzo 2011

Cecità 2.0



Poco tempo fa abbiamo dovuto dire addio all'insigne scrittore portoghese Saramago, autore tra l'altro del romanzo "Cecità".

Personalmente ho apprezzato notevolmente la Sua opera, al punto da decidere di rendere omaggio al compianto autore scrivendo personalmente un sequel del suo libro.

Il romanzo si intitolerà "Emeralopia" e sarà ambientato a Portofino.
Il protagonista, Flavio Briatore, al pari degli altri personaggi del libro sarà colto dalla improvvisa sciagura di perdere la vista dopo il calare del tramonto.

Ben presto una sconfortante angoscia attanaglierà queste povere anime perse, e la loro stessa esistenza finirà con l'essere in pericolo.

Fortunatamente la situazione volgerà per il meglio quando, dopo inutili tentativi di tirare cocaina e stappare champagne, gli eroi post-moderni di questo libro comprenderanno il vero significato delle loro stesse vite.
Per riacquisire la vista decideranno di non indossare più gli occhiali da sole dopo il crepuscolo.

lunedì 14 febbraio 2011

American Pastoral








Come può la vita di un uomo rivelarsi completamente diversa da quanto credesse?

La risposta è molto semplice, e non sarà necessario leggere tutto "Pastorale Americana" per scoprirla. Dovrebbe bastare, a tale scopo, il sunto presente sul retro della vostra edizione.

Dovrete leggere tutto il romanzo però, per capire che non siete soddisfatti di quanto avete letto, che non avete ancora compreso a fondo, che le cose sono avvolte da una patina di incertezza.

E' come nella vita vera; le cose sono o più semplici o più complesse di come le pensiamo noi.

Roth ci racconta questa storia attraverso le gesta del protagonista, "lo Svedese", ma introduce, qua e là, i punti di vista di altri personaggi, generando una confusione voluta.

Non abbiamo più il problema di capire il perchè delle sciagure occorse allo Svedese, in quanto siamo costretti a fermarci prima, chiedendoci cosa sia realmente accaduto.
Non siamo in grado di dire quali siano stati gli eventi più importanti, perchè di volta in volta, a seconda del punto di vista, ne vengono ipertrofizzati alcuni e sminuiti altri.
Più volte durante la lettura ci sembra di essere arrivati al punto, di avere appena appreso l'elemento fondamentale da analizzare e comprendere, ma invariabilmente il nostro desiderio di trovare la Risposta viene frustrato.

E' interessante notare una finezza con cui siamo introdotti nel limbo di questo romanzo.
La storia ci viene raccontata dall'alter ego di Roth nel libro, ovvero uno scrittore ebreo di nome Zuckerman, che si interessa della vita dello Svedese per averlo conosciuto da giovane.
Questi precisa quasi subito che parte di quello che ci racconterà (e non sappiamo quale parte), non è frutto delle ricerche da lui condotte, ma di sue fantasie.
Ovviamente questo non cambia un bel nulla ai fini della storia (che, giova ricordare a chi si fosse perso, è tutto frutto della fantasia di Roth).
Tuttavia noi sappiamo bene quali siano i sentimenti di ammirazione e proiezione che Zuckerman nutre per lo Svedese e pertanto dovremmo tenere conto anche della lente deformante attraverso cui guardiamo a questa storia.

A mio giudizio è estremamente importante l'ambientazione cronologica e geografica. Newark degli anni '60 è stata più di una città come un'altra. Andrebbe studiato ciò che accaduto in quella parte di America dove tutte le diverse etnie del mondo si sono riunite, producendo un esperimento culturale del tutto nuovo.
I figli degli immigrati di ogni angolo del pianeta, con le loro enormi diversità, venivano cresciuti e tenuti insieme dal mito del sogno americano.
Quel sogno un po' di plastica che si sgretola attraverso le pagine di Pastorale Americana.
A queste persone Roth parla apertamente, rivolgendosi ai suoi vecchi compagni di scuola.

Questa storia trasuda "ebraismo" da tutti i pori, e non nella misura in cui il protagonista e lo scrittore sono ebrei, ma per il modo in cui i dubbi non trovano risposte, se non la risposta di smettere di cercare risposte.

In alcuni momenti del libro ho avuto la sensazione che Roth indugiasse troppo sulla psiche del suo protagonista.
Personalmente preferisco empatizzare io con un personaggio, senza che mi si dica cosa sta provando in quel momento. Mi piace che l'autore si limiti sommessamente a raccontare i fatti. Tanto, se è bravo, da qualche parte ci incontreremo.