sabato 13 giugno 2009

La banalità del male



Un giorno la mia ragazza mi si avvicinò con una faccina smunta e mi diede una notizia orribile.

Purtroppo ero distratto. Colpa della montatura rossa degli occhiali di Maroni. Secondo me tendono a suggerire note di transgendering, mi dicevo tra me e me; e non possono certo avvalorare la sua tesi di macho padano, ovvio. Risi soddisfatto della mia disamina semiologica. Quando tornai mentalmente in salotto, voltandomi, lei era ancora lì, con gli occhi lucidi e mi guardava come se dovessi dire qualcosa. Così l’abbracciai, e dissi che ero senza parole, lei parve apprezzare. Appena si alzò per andare in bagno, mi rilassai e tornai alla mie elucubrazioni, stavolta si trattava di una accesa discussione tra me ed una caldissima segretaria cubana che insisteva per farlo sul divano, quando appariva ovvio che andasse fatto sulla scrivania.


Alcuni mesi dopo accompagnai la mia ragazza in ospedale per un liposuzione che io stesso le avevo consigliato.

Non sono uno di quelli della donna perfetta. Quando noto qualche piccolo difettuccio nella mia compagna mi vergogno molto del mio egoismo così mi autoinfliggo lunghi attimi di censimento dei miei difetti.

Un giorno mentre praticavo questa punizione, una parte del mio cervello cercava di fornirmi una scappatoia. Così mentre pensavo al grosso porro sul mio naso, ma ben prima di arrivare alle vere note dolenti, concepii che effettivamente non avevo nulla di cui rimproverarmi. In fondo solo una piccolissima parte della nostra vita è caratterizzata dalla visione di noi stessi, e può essere anche ridotta con una sapiente dislocazione di specchi e apparecchi riflettenti.

Cosa ci posso fare io se non mi vedo? E non vedendomi ovviamente mi risultano meno fastidiosi i miei difettucci. Mentre quelli degli altri, una volta scovati, sono delle piccole spine pronte a saltar fuori a seconda delle sfumature di luce.

Non sono convinto che questo argomento sia veramente così valido dal sollevarmi dalla mia punizione di cui prima, però devo ammettere che svolge bene il suo compito. Oggi ogni volta che penso alle mie imperfezioni, dopo le prime due o tre, mi viene in mente questo discorso e comincio a interrogarmi sulla sua leicità, con tanto di pro e contro, e alla fine mi stufo e passo ad altro.


Questo comunque non c’entra con il fatto che io abbia proposto una liposuzione alla mia ragazza. Credo che le modifiche su un corpo lo alterino, rendendolo per sempre artificiale.

Tuttavia la mia ragazza aveva messo su una pancia incredibile negli ultimi tempi, e fare l’amore con lei era diventato quasi impossibile, anche per quella sua fissa di comandare a letto.


Sfortunatamente c’era stato un grosso fraintendimento tra me e lei e non ci fu nessun dottore del grasso ad attenderci in ospedale.

Così pochi giorni dopo guidavo un po’ scosso la vettura che avrebbe condotto tutti e tre a casa.

Il nuovo arrivato aveva completamente rapito l’attenzione di tutti, e anche se ero stato io a caricare le cose in macchina e a guidare la stessa, nessuno pareva darmene conto.


Fu un viaggio molto faticoso per i miei poveri nervi, continuavo a ripensare alla montatura rossa degli occhiali di Maroni, che, a mio giudizio, mi era costata caro; e che comunque continuavo a reputare del tutto irrazionale.


Ero talmente scosso che dovetti fermarmi più volte lungo la strada per andare al bagno.

Ammetto di aver pensato ad un certo punto di scappare e mollare tutto.

Tuttavia quella che stava per diventare mia moglie (cosa che scoprì solo in seguito) era sempre stata una donna eccezionalmente scaltra, mio malgrado.

Perciò mentre correvo con le braccia protese in avanti in autostrada, lei non perse il self-control. Mettendosi furbescamente alla guida dell’auto, mentre io mi sarei atteso una rincorsa pedestre, mi raggiunse in un attimo e mi urtò di quel tanto che bastò a farmi fare un volo di un dozzina di metri.

Al mio risveglio il suo tacco era conficcato nel mio plesso solare e il suo sguardo da Sergente Maggiore Hartman in Full Metal Jacket era lo stesso della prima volta in cui avevamo fatto l’amore.


Una volta a casa seppi che stava per cominciare una nuova vita, non necessariamente migliore o peggiore di quella di prima, semplicemente diversa.

Avrei passato le mie giornate a dipingere la staccionata, pensavo. Poi pensavo anche che con il mio stipendio non mi sarei mai potuto permettere una casa che non fosse un trilocale angusto.

Pensavo che avrei potuto lavorare sodo per ottenere quella staccionata da dipingere di bianco, ma poi inevitabilmente mi dicevo che se avessi lavorato troppo non avrei mai avuto tempo di “lavorare alla mia staccionata”.


Ero anche profondamente confuso, passavo delle ore ad interrogarmi su quello che mi diceva la mia futura moglie.

Mi diceva che ero un uomo splendido, me lo ripeteva di continuo. Perché tanta enfasi? Non mi sembrava di avere fatto né più né meno del solito.

Credevo che fosse un modo per rivitalizzare il nostro rapporto, per evitare che scadesse nella routine.

Certo in fondo è proprio l’abituarci alla persona che ci sta accanto che ce la rende poco interessante dopo un po’. Dovremmo continuare a stupirci di ciò che fa, di quanto sia meravigliosa.

Questo pensiero mi consolava, mi sentivo un uomo fortunato.

D’altra parte quando lei completava la frase "sei un uomo meraviglioso" con "ad accettare un figlio non tuo, ma del tuo migliore amico", tornavo a sentire un profondo sconforto.


E’ così che un giorno, gentili colleghi, sono completamente impazzito, e la frustrazione mi ha condotto a varcare certi limiti che non avrei mai creduto di poter oltrepassare.


Nei primi tempi mi sono dedicato alla coprofagia ossessivamente. Questo hobby mi ha fatto fare cose di cui non vado fiero.

Frequentavo i bagni del McDonald di continuo, era una sensazione compulsiva, irrazionale.

Ridevo istericamente mentre pensavo alla merda che mangiavano quelli seduti al bancone. Merda industriale, da multinazionale, sghignazzavo. Non come quella che potevo gustare io.


Per disintossicarmi da questa mania sono stato costretto a diventare opinionista dell’ “Avvenire”. Fui molto apprezzato, anche se i miei articoli ruotavano inevitabilmente intorno all’idea di liberare la nobile popolazione Rom, estinguendola.


La mia follia però non si arrestava; ho dato vita ad un progetto scientifico per incrociare i cani verdi e lisci con i gatti gialli e ruvidi. Poi avrei incrociato il risultato con i maiali per ottenere un animale più gradevole da mangiare.

Tuttavia i cani e i gatti rifiutarono di accoppiarsi nonostante gli afrodisiaci e i film hard che li costrinsi a guardare.

Il progetto naufragò, ma dagli appunti presi durante questa esperienza, ne trassi un libro sui crimini della resistenza.

Il libro fu molto apprezzato, per qualche motivo, in Estonia.


Alla fine sono giunto qui, dove tutti quelli come noi, gentili colleghi, alla fine arrivano.

Vita significa cambiamento, le cose avvengono inesorabilmente; non dobbiamo soffrirne eccessivamente.


Beh è quasi mezzogiorno finalmente, direi che è ora di pranzo e quindi ci diamo appuntamento direttamente alla settimana prossima.


Onorevoli deputati dichiaro questa sessione conclusa, arrivederci.

2 commenti:

  1. Ma perche' non riesco a postare messaggi qui? ci riprovo, un bacione in caso ci riuscissi!

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  2. Beh ci sei riuscita, problema (auto)risolto. Un bacione.

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